Sempre più spesso nella User Experience di piattaforme web e applicazioni si possono riconoscere percorsi oscuri: si tratta dei cosiddetti Dark Patterns. Scopriamo cosa sono, fino a che punto sono legali e perché evitarli può rivelarsi vantaggioso per brand e aziende.
Il termine “Dark Pattern" è stato coniato Harry Brignull, designer londinese che, dal 2010, si occupa di scoprire e documentare casi di deviazione nelle UX di siti o applicazioni web, per poi riportarli nella Hall of Shame del suo portale darkpatterns.org.
Quando si parla di Dark Patterns, ci si riferisce a tutti quei casi in cui i designers usano la loro conoscenza del comportamento umano – ad esempio, le teorie cognitive – e la consapevolezza dei desideri degli utenti finali per implementare funzionalità ingannevoli, che non sono nel miglior interesse dell'utente.
È probabile che la quasi totalità degli utenti di Internet abbia, consapevolmente o meno, già incontrato un qualche modello di Dark UX. Stando ai dati di uno studio inglese dedicato al tema, almeno un utente su tre, tra quelli intervistati, ha avuto difficoltà nel corso della sua vita nell’effettuare una semplice disiscrizione da una mailing list.
Il confine tra Dark Patterns e strategie di marketing è molto sottile: la manipolazione della User Experience può influire su KPI importanti, come il tasso di conversione o di retention. C'è da chiedersi però quanto sia duraturo nel tempo il successo di questo tipo di progettazione UX.
Un recente approfondimento di NN/g (Nielsen Norman Group) evidenzia infatti che il bisogno psicologico di indipendenza dell'utente è una delle caratteristiche fondamentali delle applicazioni di successo: le persone sono più motivate nel compiere azioni su cui hanno il completo controllo e preferiscono le UX chiare, che non prevedono impedimenti o trabocchetti.
“Un design che costringe gli utenti in modo predeterminato limita inutilmente la loro autonomia.”
Tanner Kohler - User Experience Specialist @ Nielsen Norman GroupNell'era del digital-first, l'interfaccia di un sito o di un'app può essere il primo momento di interazione tra l'utente e un brand o un'azienda: il riconoscimento di ostacoli o costrizioni è a tutti gli effetti un rischio, che può minare il rapporto di fiducia da costruire (o consolidare).
Ma come riconoscere questi percorsi oscuri? E quanto sono pericolosi? Possiamo identificare almeno cinque macro-strategie oscure tipiche nella progettazione della User Experience.
Vi è mai capitato di non poter proseguire la navigazione all'interno di un sito perché un pop-up o un banner invasivo richiedevano una vostra risposta? Sempre più spesso accade che la UX di siti web o applicazioni preveda l'improvvisa comparsa di messaggi che costringono l'utente a dare una risposta forzata. Un esempio? La tipica opzione “Not Now” al posto del più deciso “No”, con cui l'utente è costretto a rifiutare solo provvisoriamente funzionalità previste dal proprietario del sito o dell'applicazione, ma da lui non desiderate. Selezionando “Più tardi” o “Non adesso” l'utente è costretto a rimandare la decisione, anche nel caso in cui la sua intenzione sia definitiva.
Con questo pop-up Instagram sollecita l'utente ad attivare le notifiche sul proprio smartphone, per poter sfruttare appieno l'esperienza social offerta dall'app. L'opzione “Not Now” sostituisce il “No”, e in un attimo l'utente può riconoscere il Dark Pattern: sa che, cliccando o facendo tap su “Non adesso”, presto o tardi si imbatterà di nuovo in questa richiesta.
La parola chiave del mondo digitale è da sempre “immediatezza”: basta un click per ottenere ciò di cui si ha bisogno. Per questo, quando diventa particolarmente complicato raggiungere un obiettivo sul web, c'è da chiedersi se siamo in presenza di un Dark Pattern. Questa pratica – chiamata dagli anglofoni “roach motel”, un luogo in cui è molto facile entrare ma dal quale è altrettanto difficile uscire – mette l'utente di fronte a una serie di ostacoli, rendendo i processi più difficili del necessario, con l'intento di dissuadere determinate azioni (ad esempio, evitando la disiscrizione da servizi o piattaforme).
Mai provato a cancellare il proprio utente da Amazon?
Un altro espediente tipico nella progettazione di User Experience oscure è la furtività: non sempre all'utente sono rese esplicite tutte le conseguenze dell'azione che sta per compiere. Il tentativo di nascondere, camuffare o ritardare la divulgazione di informazioni rilevanti è a tutti gli effetti un Dark Pattern.
In questa finestra di Windows si propone all'utente l'aggiornamento del sistema operativo. Ci si aspetta che la X in alto a destra chiuda l’avviso, ma non è così: chiudendo la finestra si avvierà comunque l’aggiornamento.
Un caso piuttosto esplicito di UX manipolatoria si ha quando il programma o la piattaforma restituisce un messaggio di allerta, volto a scoraggiare l'azione dell'utente. La manipolazione dell'interfaccia privilegia determinate azioni rispetto ad altre, interferendo con la volontà dell'utente con il solo scopo di favorire il proprietario della piattaforma.
L'esplicita opposizione al download di Google Chrome durante la navigazione sul browser proprietario di Microsoft è un caso emblematico di questa tipologia di Dark Pattern.
Un altro esempio di palese progettazione manipolatoria: all'utente può essere richiesto di eseguire un'azione non voluta per accedere (o continuare ad accedere) a determinate funzionalità. Con questo procedimento, a tutti gli effetti fraudolento, si è costretti ad accettare una condizione non desiderata (ad esempio l'iscrizione a un servizio a pagamento) in cambio di un'altra vantaggiosa, come uno sconto o un rimborso previsto da un eCommerce a fronte di un ordine.
È esattamente quello che succede cliccando su questo banner di conferma ordine: si otterrà il cashback desiderato, ma anche l'abbonamento mensile al programma di rewarding. E questo avverrà cliccando ovunque all'interno del banner, anche sulla X in alto a sinistra con l'intenzione di chiuderlo.
Gli esempi riportati sono volutamente lampanti (e nella maggior parte dei casi innocui), ma è importante sottolineare che coinvolgono piattaforme e applicativi familiari, che siamo abituati ad utilizzare nella quotidianità.
Il più grande pericolo dei Dark Patterns è esattamente questo: normalizzarli. Il fatto che siano proprio le big tech a fare un ricorso così massiccio e sistematico a questi espedienti può portare gli utenti a considerarli una pratica comune del web, dunque accettabile.
Se il rischio di assuefazione per gli utenti esiste, è vero anche che le autorità garanti del Web non si sono rassegnate a questi comportamenti: la questione della legalità è al centro del dibattito e segnalazioni e sanzioni sono all’ordine del giorno, sia in Europa che negli USA.
L'articolo “Shining A Light On Dark Patterns” pubblicato da due ricercatori dell'Università di Chicago nel 2019 e aggiornato nel 2021, esamina in modo esautivo le pratiche di “manipulation by design” più pericolose per i consumatori. I ricercatori si chiedono se sia possibile regolamentarne l'utilizzo con leggi ad hoc, determinando quali comportamenti siano tentativi legittimi di persuadere i consumatori e quali no.
Se negli USA la legislazione è ancora approssimativa e frammentaria, l'Europa ha sviluppato già da qualche anno una maggiore sensibilità verso la tutela dei consumatori online: l'entrata in vigore del regolamento europeo per la protezione dei dati (GDPR), dal 2016, ha aiutato a mantenere alta la guardia su alcuni tra questi comportamenti 'oscuri'.
Un intervento significativo è il recente aggiornamento delle Linee guida su cookies e di altri strumenti di tracciamento, in vigore in Italia a partire da gennaio 2022, con cui il Garante Privacy ha rafforzato il controllo su comportamenti che alterano l'esperienza di navigazione per ottenere il consenso degli utenti sull'uso di cookies (e che sono classificabili a tutti gli effetti come Dark Patterns). Lo scroll sulla pagina come espressione tacita del consenso dell'utente, ad esempio, o il meccanismo dei Cookie Wall – popup invasivi che bloccano l'accesso ai contenuti in caso di rifiuto del tracciamento – sono da ritenersi pratiche illegittime e sanzionabili.
Tuttavia, in ambito digitale, gli obblighi normativi sembrano dover sempre rincorrere una realtà che va al doppio della velocità: per questo motivo è necessario che un approccio etico provenga in prima persona dai player di settore più importanti.
Team di UX/UI Design di alcune grandi realtà (Adobe, prima tra tutte) hanno già mosso i primi passi verso l'Ethical e Legal Design e si stanno proponendo come ambasciatori di una nuova corrente di prototipazione UX, volta a eradicare certi comportamenti manipolativi e rendere l'utente quanto più possibile libero di scegliere.
In fondo, i Dark Patterns hanno successo proprio perché si basano su pattern di Interaction Design efficaci, comprensibili ed inclusivi per l'utente. Il modo migliore per non averne più bisogno è imparare da loro, iniziando a riconoscerli e sfruttandoli, al contrario, per guidare gli utenti verso scelte consapevoli.
Il modello da seguire è lo Human Centered Design, a partire dal quale costruire strategie trasparenti, che mettono la tecnologia al servizio della persona.
Se è vero che il Web3, l'evoluzione del Web 2.0, si fonderà su una partecipazione comunitaria degli utenti, è importante che i brand e le grandi piattaforme instaurino fin da oggi un rapporto di fiducia ed empatia con i propri utenti. Saranno soprattutto la brand reputation e la brand loyalty a beneficiarne.