Il vino è un bene che va oltre il concetto stesso di prodotto. Le aziende produttrici e i consumatori si aspettano oggi una maggiore personalizzazione delle strategie di marketing e comunicazione
L'emergenza Covid-19 si è abbattuta sul settore Wine & Food del nostro Paese trovando la maggior parte dei player impreparati. In questo comparto da anni sono in atto profondi cambiamenti, che l’emergenza ha accelerato in modo significativo, lasciandoci un mercato profondamente cambiato. Le aziende e i consorzi si sono dovuti adattare in tempi rapidi al nuovo scenario, contraddistinto da cambiamenti nelle scelte di acquisto e da una transizione dalle attività di comunicazione tradizionali alle piattaforme digitali.
Con la riduzione degli eventi in persona – quantificata da un’indagine condotta da Wine Tourism International in -24% per le visite guidate e e -22% per le degustazioni ospitate in vigne o cantine – le tradizionali strategie di marketing sono diventate improvvisamente inefficaci. Così, le piattaforme online e i canali social si sono fatti spazio all’interno del settore vitivinicolo e i produttori ne hanno fortemente intensificato l’utilizzo.
Oltre 8 milioni di italiani hanno scelto di acquistare vino online durante i periodi di lockdown (dati estratti dalla survey realizzata da Nomisma Wine Monitor): i canali digitali hanno offerto quindi a cantine e aziende vitivinicole la possibilità di continuare a vendere e promuovere i propri prodotti al consumatore – tramite eCommerce, marketplace o social – e mantenere alta la visibilità.
Il processo comunicativo è andato caratterizzandosi su un dialogo ravvicinato e diretto con l'utente e il racconto del prodotto ha assunto un ruolo sempre più centrale. I ristoranti e gli scaffali della GDO non sono più gli interlocutori principali: marketing e comunicazione hanno permesso di rafforzare questo nuovo rapporto senza intermediari, facendo leva sulla strategia (per migliorare posizionamento e awareness di marchi e aziende) e sui contenuti (per raccontare l'unicità dei prodotti).
Lo studio condotto da IULM Wine Institute in Il Vino 2021: One Year After offre una panoramica sulla reazione del settore alla crisi pandemica e si concentra sulle scelte fatte da aziende e consorzi per contrastare il calo delle vendite, soprattutto in riferimento a attività di marketing e comunicazione. Dalla ricerca emerge che molti player non hanno ancora sviluppato tattiche di medio e lungo periodo: la maggior parte delle iniziative intraprese sono infatti state condotte senza una vera e propria strategia, azioni volte al rapido raggiungimento di risultati, per contenere le perdite dovute alla chiusura di molti canali fisici.
Il Vino 2021: One Year After – IULM Wine Institute, Luglio 2021Dalla survey emerge un dato particolarmente interessante: il binomio vincente tra vino e marketing esperienziale è sopravvissuto alla pandemia, confermando una crescente sensibilità nei confronti di questo approccio, che non si è arrestata nonostante le limitazioni. Il 76% delle aziende intervistate per la ricerca IULM Wine Institute ha dichiarato, infatti, di aver intensificato la proposta di smart tastings, con degustazioni virtuali e tour in vigna online (da non trascurare il 9% di aziende che si è affidata alla realtà aumentata).
Sono nate anche alcune startup che promuovo esperienze digitali interattive di scoperta dei vini, il più possibile vicine alle esperienze in presenza. WeTaste.Wine, ad esempio, è una piattaforma dedicata alle piccole cantine d’Italia: propone percorsi digitali che permettono l'esplorazione delle terre dei vini. Ogni mese si può conoscere una cantina diversa, in coerenza con il territorio che si sta esplorando e con le caratteristiche della stagione in corso. Una volta acquistate le wine box, gli esperti dell’azienda entrano in contatto con i clienti e raccontano loro il tipo di vino scelto e la storia della cantina selezionata. Vincasa dà invece la possibilità di visitare le cantine stando seduti sul divano di casa: il destinatario delle box riceve una confezione con tre bottiglie, una chiavetta usb con un video tour, oltre alle schede di valutazione interattiva della degustazione.
Una connessione più personale con il cliente finale si realizza anche attraverso l'inbound marketing: facendo registrare i clienti e creando contenuti e consigli personalizzati per loro sulla base delle loro preferenze. Lo studio di IULM Wine Institute lo conferma: l'email marketing è ancora tra le attività più richieste, intensificata dalla metà delle aziende protagoniste della survey.
La ricerca mette in evidenza anche la necessità e volontà delle aziende vitivinicole nostrane di comunicare al pubblico internazionale, così da poter presidiare i diversi mercati esteri. Tuttavia comunicazione e pubblicità sono rivolte a un target prevalentemente italiano ancora per il 77% delle aziende. Occorre dunque andare a stimolare nuovi mercati, una sfida che coinvolge non solo i colossi del settore ma anche i player emergenti.
Il vino italiano è tra i più esportati al mondo, ma una recente ricerca dell'Osservatorio UIV (Unione Italiana Vini) con Vinitaly ha portato alla luce un dato per molti versi sorprendente: il posizionamento del nostro vino nei mercati internazionali è per lo più 'popular', infatti tre bottiglie esportate su quattro non superano la barriera dei 6 euro. L’Italia fatica a farsi valere nella fascia premium e Paolo Castelletti, segretario generale UIV, sottolinea come sia necessario uno sforzo in termini di marketing per consentire alle eccellenze italiane di raccontarsi sullo scenario internazionale.
“Serve un cambio di passo sul fronte del posizionamento del brand e dell’identità del nostro vino”
Paolo Castelletti, segretario generale UIVLe parole di Castelletti rivelano la necessità di un lavoro consapevole sulla brand image da parte degli attori presenti sul mercato, soprattutto sul match tra identità, posizionamento e brand reputation. Presidiare i canali non basta più, il cambio di paradigma non può certo limitarsi all'apertura di un e-commerce o al posting sui social. Per salvaguardare il valore del nostro vino è fondamentale una costante attività di analisi dei vari canali, per monitorare gli effetti delle strategie di marketing messe in campo sulle varie piattaforme.
La tendenza verso il digitale, accelerata dalla pandemia, non si limita all'approdo verso il commercio elettronico, ma coinvolge anche gli altri touchpoint digitali: le piattaforme social, prime tra tutte, che consentono al target dei wine lovers un'interazione diretta con marchi e prodotti da loro amati. Tornando ai numeri di Il Vino 2021: One Year After, l'uso di Instagram da parte delle aziende produttrici è aumentato dell'86%, crescita dell'82% per Facebook, mentre piattaforme come WeChat e TikTok non hanno ancora mostrato il proprio potenziale nel mondo Wine, a conferma dell'enorme margine di manovra nel settore.
Il dato più sorprendente dell'analisi di IULM Wine Institute è proprio quello registra un +52% di aziende che, anche nello scenario italiano, si sono affidate alla collaborazione con influencer per rafforzare le attività di marketing e comunicazione (che si sommano a un 18% che faceva ricorso a questa strategia già prima della pandemia).
In Cina il fenomeno è consolidato, i Wine Influencer sono un vero e proprio punto di riferimento per i consumatori di vino, che ritengono i social network una fonte di informazione affidabile. Si potrebbe pensare che questa tendenza riguardi principalmente il pubblico più giovane, tuttavia, come riporta uno studio di Wine Intelligence, è tra i Millennials che tale crescita diventa più sostanziosa: il 46% degli utenti si fida del parere di influencer o esperti sui social, contro il 27% fatto registrare nella fascia della Generazione Z.
Stando ai dati raccolti da Buzzoole, piattaforma di riferimento per l'Influencer Marketing (fondata nel nostro Paese nel 2013 e oggi attiva in tutto il mondo), anche in Italia nell’ultimo anno è cresciuto considerevolmente il coinvolgimento degli influencer del settore wine: rappresentano il 68% del totale dei creator che trattano di beverage con 311 mila contenuti generati (+ 29), il 10% in più rispetto all’anno scorso.
Buzzoole DiscoveryQuesto dato conferma la tendenza: il nuovo cliente del mondo beverage non si accontenta di una comunicazione di prodotto tradizionale, ma chiede un dialogo maggiormente basato sull’esperienza personale e sul coinvolgimento social.
Differente dalla figura del testimonial, l’influencer inserisce la comunicazione promozionale all’interno di un flusso dinamico, ponendo al centro del discorso la propria passione e la propria identità. Elementi, questi, non solo legati all’autorevolezza – come avveniva con il testimonial – ma anche fortemente improntati su empatia e condivisione. Un’arma in più, da integrare organicamente nelle strategie di marketing, senza sostituire l’impianto tradizionale, bensì arricchendolo.
La figura dell’influencer, grazie al suo rapporto non mediato con i followers, consente l’articolazione di uno storytelling incentrato sull’esperienza, guidando i consumatori verso gli altri touchpoint digitali (sito web o e-shop, iscrizione a servizi) o fisici (eventi, fiere, tour e degustazioni).