l trend della sostenibilità sta incidendo sulle strategie di comunicazione dei brand e sui comportamenti d'acquisto dei consumatori, sia nella GDO che nel retail. La tendenza è ormai consolidata, ma quali sono le prospettive future nel racconto dell'impegno green?
Negli ultimi anni, e ancora di più negli ultimi mesi, l’attenzione sui cambiamenti climatici ha raggiunto i suoi massimi storici. Un dato è certo: mentre la politica mondiale fa ancora fatica a trovare soluzioni condivise per ridurre l’impatto ambientale, molti brand hanno investito e continuano a investire in una comunicazione fortemente legata ai temi della sostenibilità.
Ma lo storytelling dell'impegno green parte da lontano. Il settore che ha fatto da pioniere è stato il food: già negli anni '70 hanno iniziato ad emergere i primi importanti brand che hanno fatto del cibo biologico il loro tratto distintivo, introducendo un racconto corporate incentrato sul rispetto dell'ambiente. Esempi più recenti ci sono stati offerti dai grandi player della moda, soprattutto nel comparto fast fashion. Una tra le campagne più note è quella di H&M (“La moda non merita di finire nei rifiuti”), il colosso svedese dell'abbigliamento ha iniziato a sensibilizzare il grande pubblico già nel 2013, spronando al riciclo dei tessuti.
Questa prima fase del racconto green è stata accompagnata dalla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle tematiche dell'ecosostenibilità: dall’alimentazione a base vegetale all’impatto dello stile di vita occidentale sulla buona salute del Pianeta. Un 'racconto dell'intento', quindi, volto a coinvolgere il consumatore e renderlo cosciente, mantenendo però un livello astratto di responsabilità: un invito ad agire senza una vera e propria consapevolezza di quanto le scelte di ogni player possano incidere effettivamente sul benessere collettivo.
Il racconto odierno ha assunto connotati diversi, è un racconto del 'fare' (o del 'dover fare'), che si rivolge in prima persona ai consumatori – soprattutto delle nuove generazioni, sempre più attenti e impegnati – che vengono responsabilizzati nelle loro scelte. La pandemia, poi, ha dato un contributo significativo nel mettere al centro della scena il tema dell'ambiente e della salute. Hanno iniziato a moltiplicarsi le pubblicità su come i grandi brand abbiano messo in atto programmi per migliorare concretamente lo stato del nostro Pianeta (e su come ci siano, almeno in parte, riusciti). Sono comparse le prime sezioni di siti interamente dedicate al tema (tra gli altri, H&M e Ikea). Si può comprendere come questo approccio sia oggi predominante, ponendo il focus su due diversi sistemi di vendita, la GDO e il retail.
“Sostenibilità in etichetta: promettere non basta più”: così si apre l’Osservatorio Immagino GS1 Italy 2021, che si focalizza sul percorso intrapreso dalle aziende nel corso del 2020. Incrociando le informazioni riportate sulle etichette di oltre 120 mila prodotti di largo consumo con rilevazioni su venduto e fruizione dei media, l'Osservatorio restituisce una fotografia fedele sulle tendenze di consumo nel Paese. Stando al rapporto 2021, sugli scaffali della GDO sono sempre più numerosi i prodotti che riportano in etichetta l’impegno delle aziende nel ridurre il loro impatto ambientale lungo tutta la filiera.
Una presenza così importante di claim legati alla sostenibilità è un segnale molto forte: l'Osservatorio rileva che il 22% dei prodotti censiti riporta in etichetta un riferimento alla sostenibilità. Nel 2020 i prodotti green hanno realizzato oltre 10 miliardi di euro di giro di affari (ovvero il 26,2% del totale) con una crescita del +7,6% rispetto all’anno precedente. La sostenibilità quindi non solo influenza l’offerta, ma alimenta fortemente anche la domanda.
La vera novità non riguarda tanto il settore food (con i prodotti identitari – caratterizzati da claim come 'veg', 'vegetariano' e 'vegano' – da anni in forte ascesa), ma categorie merceologiche che dimostrano realmente la trasversalità e pervasività di questo trend: un esempio sono i prodotti per la cura della casa di origine green. In questo caso specifico, parliamo di una crescita del +18,1% rispetto al 2019, superando i 250 milioni di euro di giro d’affari.
FONTE: Osservatorio Immagino GS1 Italy 2021Ma è interessante notare come la comunicazione della sostenibilità riguardi anche altri ambiti: il management sostenibile delle risorse (il principale per giro d’affari nell’universo della sostenibilità), la sostenibilità di agricoltura e allevamento (solo questo paniere di consumo racchiude il 10,5% di tutti i prodotti rilevati a tema sostenibilità e il sell-out dei prodotti con claim di filiera è stato pari a 850 milioni di euro), la responsabilità sociale (per un sell-out superiore a 2,8 miliardi di euro) e il rispetto degli animali (con una domanda cresciuta del +7,5%).
A differenza dei player del settore alimentare, la cui filiera è regolamentata legalmente in modo puntuale, molti marchi di abbigliamento si sono avvicinati al tema della sostenibilità promuovendo un’immagine positiva, senza tuttavia che l'organizzazione aziendale si sia realmente mossa in tal senso. Per questo motivo i grandi brand si sono spostati verso il green marketing, con attività di promozione che puntano sull’impegno delle aziende nel preservare l’ambiente, creando e commercializzando in prima persona prodotti ecosostenibili.
Prendiamo di nuovo in esame H&M, che non ha rinunciato alla campagna dedicata all’attenzione all’ambiente (incentivando il riciclo dei capi d’abbigliamento) e l'ha affiancata ad una linea di prodotti 'Conscious', realizzati in cotone organico, con materiali riciclati (ad esempio la plastica delle bottiglie) o provenienti da fonti sostenibili.
FONTE: hm.comI risultati di una ricerca condotta da Pwc Italia per MFF confermano che, anche dal punto di vista economico, l'attenzione all'ecosostenibilità ha portato a generare un trend decisamente positivo: nel 2019 le dimensioni del mercato mondiale della moda green hanno raggiunto un valore di quasi 6,35 miliardi di dollari e le previsioni per i prossimi anni sono assolutamente positive, si parla, infatti, di 8,25 miliardi nel 2023 (con una crescita del 6,8%), di 9,81 miliardi nel 2025 e 15,2 nel 2030 (con un tasso di crescita annuo composto del 9,1%).
Anche nel retail abbigliamento il trend della sostenibilità è in forte crescita e sta diventando parte integrante del settore.
Abbiamo visto come l’uscita dalla nicchia della sostenibilità sia avvenuta per lo più tramite racconto da parte dei brand, che hanno condiviso con i propri consumatori e follower un’intenzione, l’aspirazione per un futuro migliore. In seconda battuta, grazie anche alla crescita della consapevolezza verso certe tematiche, la presa di posizione è stata più netta, tanto da influenzare il modo in cui le aziende producono e presentano i propri prodotti. Da quasi due anni a questa parte, infatti, troviamo sempre più claim dedicati alla sostenibilità sugli scaffali e sempre più attenzione ai tessuti e alle scelte produttive negli abiti che acquistiamo.
Già da oggi possiamo intravedere la direzione che questo segmento sta prendendo: siamo partiti da un racconto corporate, passati per la caratteristica di prodotto e stiamo andando verso il coinvolgimento globale del brand, con l’attenzione alla sostenibilità in ogni aspetto aziendale.
Dal green marketing, quindi, si passerà ad un approccio di marketing sostenibile, che farà uscire il tema della sostenibilità dalla nicchia e lo renderà alla portata di tutti, normalizzandolo. Quest’ultimo punto è cruciale, poiché la Gen Z, rappresentante indiscussa di un customer behaviour più etico, ha dimostrato che la propensione verso i prodotti sostenibili è importante, ma non è considerabile l’unico driver nelle decisioni di acquisto. Per evitare, quindi, di approcciarsi in maniera fallimentare a questo mercato – attratti soltanto dalla sua crescita costante – è essenziale partire da una strategia solida e costruita sul DNA del brand.
Sarà fondamentale comunicare in maniera sincera, predisponendo il dialogo tra brand e consumatore come una conversazione tra pari e senza l’intenzione di mascherare o alterare l’essenza dell’azienda, ma, anzi, portandola verso una versione migliore di sé, trasformando l'impegno ecosostenibile in caratteristica identitaria. Con la consapevolezza che in un futuro non molto lontano l’essere un brand sostenibile non sarà più un plus, bensì la norma.